TamburAstrat

concerto per batteria, voce, attrezzi elettronici.

Articolo di Enzo Giordano

“Il tamburo parlante” di Ivano Torre

di Enzo Giordano

Ivano Torre è una persona genuina e diretta: non si perde in circonlocuzioni o ellissi, va dritto al sodo. Sa essere sprezzante con chi non stima, ma sa anche riconcere chi apprezza ed è sempre autentico nelle sue affermazioni. Al contrario della sua musica, che si prende tutto il tempo e il lusso per girare in lungo e in largo su tutti i versanti, il suo modo di porsi è semplice ma penetrante, una sagacia di pancia, immediata, che scatena buonumore e non lascia indifferenti.

La musica di Ivano, a sua volta, evoca il dialogo costante tra gli elementi di un insieme dove ogni rumore è suono e viceversa: anzi, il rumore e il suono si equivalgono, si frangono insieme sul bagnasciuga dell’ascolto ed enunciano una storia fatta di rappresentazioni evocate da una proprietà discorsiva quanto complessa.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: la musica di Ivano risponde e aderisce a questa fenomenologia in maniera stretta. Gli oggetti/soggetti si sovrappongono, accavallano, intersecano: sembrano fluire tra interstizi cosmici, si assemblano con cura e si abbattono con una risata, mondo dopo mondo – tra infiniti mondi, musica di sfere che si accodano e dissolvono, le une nelle altre, alimentando un oceano di logos che si spiritualizza nelle sue possibili continuazioni, prosecuzioni scelte tra molte direzioni tallonando un persistente riversamento, un continuo divenire e ridivenire che può essere interrotto a volontà ma che è destinato a riprendersi nel luogo dove la musica si scopre mentre si crea, scavando nel profondo, esplorando vie traverse per moto contrario: tutto è plausibile, tutto è opzione degna e pregnante, tutto è meritevole di esistere e disegnarsi nell’aria eccitando particelle sonore, proiettandosi verso l’esterno in direzione una ricettività spregiudicata, aperta alla scoperta e a una partecipazione estatica/estetica.

la musica di Ivano è rock’n'roll apicale, centellinato da tutto e di tutto espressione analogica. Un rock’n'roll aconfessionale, disgiunto dalla tirannia del metronomo e vicino al respiro, al battito del cuore, al momento più cadenzato di una cadenza. Ed è rock’n'roll ribelle, clandestino rispetto a ogni genere, meticciato di influenze disparate, sincretismo di spiriti antitetici, course-of-action di incontri episodici, scambi occasionali all’interno di un flusso di coscienza che tracima, esce dal momento musicale e occupa uno spazio mistico: cibo per l’anima, per il cuore, per la mente.

Ora, il Tamburo Parlante, è esplorazione, dissertazione, discussione delle, sulle e con le pressoché infinite opportunità timbriche e psicoacustiche delle percussioni: logica evoluzione e maturazione di precedenti ricognizioni e creazioni sonore. Come sempre, l’happening è completato da una visione concettuale ironica e sottile ben riassunta dalla presentazione dello stesso Ivano: “cerco continuamente, sia a livello timbrico che a livello ritmico, la frase, poi travolta dall’incalzare ostinato [che] si trasforma e si ripete: il tamburo parlante fraseggia… sospetto che ci sia una specie di eclisse temporale, un qualcosa che oscura l’aria e assorbe il tempo”.

In effetti, dai suoi percorsi, scaturiscono attimi trascendenti fatti di un presente palpitante che regala una verità sonante, unica e irripetibile, all’ascoltatore e all’esecutore, minimizzando la distanza che li separa; misura per misura, pulsazione per pulsazione in un dialogo concertante tra sé, la strumentazione e il pubblico.

Alla quantità ridotta di tamburi, piatti e oggetti percuotibili (ridotta rispetto a monumentali strumentari utilizzati per altri progetti), Torre accompagna una massa nutrita di mallets e bacchette tradizionali più una serie di oggetti contundenti, pescati tra attrezzature da cucina o di uso quotidiano: effetti sorprendenti posti al servizio dei poliritmi pressanti e dei momenti di espansione riflessiva, estremi tra i quali oscilla il suo gioco di scatole cinesi fatto di continue ideazioni timbriche e ritmiche, dall’accento riconoscibile – benché in continua evoluzione, e dalla pronuncia famigliare – sebbene riconducibile all’identità innata dell’artista.

il Tamburo Parlante, dunque, è l’ultimo capitolo di una saga artistica che Torre insegue ormai da decenni: frutto di un’attività esperienziale che affonda le radici nella natura stessa di Ivano e nelle circostanze esistenziali della sua vita.

La sua arte e il suo processo di crescita si muovono su binari paralleli, ubbidiscono a un flusso unitario e indissolubile, si sviluppano secondo una progressione incontenibile, tesa a comunicare, inviare coordinate e a partecipare a una creazione condivisa che si accumula e sospinge l’alto.

Partecipare a un suo concerto è una festa per gli occhi, le orecchie, il cuore e lo spirito: tali e tanti sono i livelli sui quali opera, condivide la sua visione e fa dono del suo personale contributo a ciò che è bello.